Oggi in questo articolo della categoria “storie di Outliers” parliamo di Bob Paisley, un grande allenatore sportivo del passato. Vediamo cosa possiamo scoprire dal suo modo di condurre una squadra con uno stile decisamente fuori dagli schemi.
Bob Paisley: Lezioni di Leadership dallo sport
Come programmare il futuro di un’impresa?
Una visione ampia e mirata sugli obiettivi di medio-lungo periodo, è una qualità che in molti bramano ma in pochi possiedono nel mondo lavorativo. In questa storia riviviamo le gesta di un grande Allenatore di Calcio inglese che ebbe il merito e la lungimiranza di imporsi anzitutto come Manager.
“Abbiamo vissuto momenti difficili. Un anno siamo arrivati secondi”
Bob Paisley
Non sedersi mai sugli allori, godere il giusto dei successi presenti ed essere pronti a sviluppare nuove strategie in funzione degli obiettivi futuri. Potrebbe essere questo un piccolo riassunto di come tenere sempre al top la propria impresa o, nel caso del nostro racconto, di come portare e mantenere ai vertici del calcio internazionale la propria squadra.
Un futuro da programmare
Robert (Bob) Paisley, allenatore del Liverpool tra la fine degli anni ’70 e i primi anni ‘80, nasce nella contea di Durham nel 1919. La prima guerra mondiale è appena terminata, e la zona mineraria in cui Bob cresce non è certo l’ambiente più stimolante per un bambino.
Polvere, inquinamento, povertà e quel senso di solitudine che lo attanaglierà per tutta la vita. Dopo un’ottima carriera da calciatore culminata con la fascia da capitano del Liverpool, Paisley entra a far parte dello staff tecnico della prima squadra una volta appesi gli scarpini al muro, divenendo in breve tempo l’assistente di Bill Shankly, un altro dei grandi manager che abbiano mai seduto sulla panchina di Anfield.
Nel 1974 la svolta: Shankly annuncia improvvisamente l’addio all’attività di allenatore, e la società decide di affidare le chiavi della squadra al suo assistente, Bob Paisley.
Gli anni sotto la sua guida saranno costellati di successi europei e nazionali, tra cui spiccano i 6 titoli inglesi e le 3 Champions League (record che detiene insieme a Carlo Ancelotti), oltre ad una Coppa U.E.F.A e una Supercoppa Europea.
Bob Paisley e la “selezione” del personale
Il Liverpool di quegli anni rappresenta un’icona del calcio non solo inglese, ma planetario, una generazione di campioni creati in casa nel settore giovanile, e scovati in giro per la Gran Bretagna attraverso un’oculata gestione dello scouting, abbastanza innovativa per gli standard dell’epoca.
La filosofia di Paisley era chiara, per accrescere il valore della squadra bisognava acquistare in maniera oculata, assicurandosi le prestazioni di almeno un paio di giocatori tra i migliori in circolazione, e puntare su altrettante scommesse che gli altri team avevano sottovalutato. “Se siete sazi di vittorie…” era solito dire Paisley , “…venite a trovarmi. Vi vendo tutti e acquisto 11 calciatori nuovi”.
Prima ancora del valore tecnico tuttavia, l’allenatore dei reds voleva persone adatte al contesto in cui avrebbero dovuto giocare, in parole povere: gente da Liverpool. Questa lungimirante idea lo portò in breve tempo a formare un gruppo di giocatori che sono entrati nel cuore della Kop, la storica curva di Anfield Road, non solo per le gesta compiute sul terreno di gioco ma anche e soprattutto per l’incredibile capacità di calarsi nell’ambiente di Liverpool, dimostrando un attaccamento ai colori davvero notevole.
Team building per una strategia vincente
La squadra di quegli anni ha saputo imporre gioco e personalità rendendo lustro al calcio britannico. La mano di Paisley fu chiara ed innovatrice con l’introduzione del “Pass and Move”, una filosofia di gioco di squadra totalmente in contrasto con le radici inglesi ancorate al gioco duro, ai lanci lunghi e all’idea di un calcio rude fondato sulla supremazia fisica individuale e molto vicina al “Calcio Totale” Olandese di moda in quegli anni.
Attraverso sistemi di allenamento innovativi come gli “Small side games” , delle partitine 5 contro 5 ad uno o due tocchi, il Liverpool sviluppò un modo di intendere il calcio basato sulla qualità tecnica e sulla precisione del controllo e dei passaggi, seguiti sempre da uno smarcamento nello spazio libero. Improvvisamente i giocatori senza palla divennero importanti quanto gli altri per via della loro capacità di movimento.
I difensori centrali, da sempre intesi come distruttori di gioco, venivano ora considerati i primi registi con l’azione che si sviluppava dalle retrovie.
La cura dei rapporti interpersonali
Oltre alla caratura tecnica del personaggio di Pasisley, emergono anche preziose testimonianze sul suo modello di gestione dello spogliatoio, sicuramente maturato negli anni da calciatore.
Abbiamo scritto in passato di quelle che riteniamo essere le capacità di un manager moderno.
Bob Paisley non era un leader nel vero senso della parola, molto lontano dai manager sportivi che conosciamo oggi, figure come quelle di Josè Mourinho o Pep Guardiola.
Non amava i riflettori e si guardava dal comparire davanti ai giornalisti più di quanto non fosse strettamente necessario. Agli occhi del mondo esterno appariva una figura priva di leadership e di carisma, qualità che gli erano invece attribuite all’interno dello spogliatoio assieme ad un indiscusso ruolo di pater familias. Graham Souness, uno dei principali artefici di quel meraviglioso Liverpool, ricorda che “Un complimento di Paisley fosse come una nevicata nel deserto”, e in generale molti suoi ex giocatori lo ritennero un vero sergente di ferro in fatto di disciplina.
Conclusioni
In definitiva cosa ha reso Bob Paisley un manager di successo? Perché ritenerlo un outliers?
I motivi sono sostanzialmente due: il primo è un accurato sistema di reclutamento dei giocatori, un qualcosa che potremmo accumunare ad un’efficace selezione del personale in un contesto lavorativo; il secondo è un modello di gestione dei rapporti interpersonali che è risultato a dir poco vincente.
Inoltre la sua grande leadership (non autoritaria) con uno stile orientato all’autorevolezza.
Avere un gruppo di grandi giocatori non è sufficiente, bisogna saper tenere assieme le redini e far fronte a infinite dinamiche relazionali quando si è a capo di un progetto tecnico come quello del Liverpool.
Paisley fu in grado di conciliare le ambizioni di una piazza calda come quella di Anfield Road, con un rapporto quasi paternalistico con l’ambiente e i giocatori, imperniato sul dialogo, sulla fiducia e sul rispetto dei ruoli da ambo le parti. La grande qualità di Paisley era la sua capacità di programmare, di saper guardare avanti.
Suo figlio Graham ha ricordato: “Ci sono aneddoti di lui che metteva in una scatola le medaglie per la vittoria del campionato nello spogliatoio di Anfield dopo l’ennesimo titolo e diceva: «prendetene una, ma solo se la meritate». Era la sua mentalità. Guardare sempre avanti e voltare pagina”.
“Se sei in area di rigore e non sai cosa fare con la palla, fai goal e discuteremo delle opzioni più tardi”
Articolo a cura di Alessandro Zezza. Foto prese da Google Immagini.






